mercoledì 24 agosto 2011

Al Contadino non far Sapere quanto è Buono il cacio con le pere.


Lo so bene, sono monotono. Questo è già il terzo modo di dire del quale tento di scoprirne l’origine e il vero, originale, significato (sempre degno di soggettiva interpretazione). Chi non lo sappia, si legga i miei post addietro sul “in bocca al lupo” e “non gettare il bambino e l’acqua sporca”.
Stavolta è toccato a “Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere”.
Come primo passo ho interrogato i miei genitori, i quali mi hanno liquidato dicendo che sottolinea l’inutilità di far presente al contadino un binomio gustativo già di sua piena conoscenza. Soddisfatto?! Neanche un po’. Perché non sono soddisfatto secondo voi?! Semplice, perché prima di essere un assicuratore sono un sociologo ed in quanto sociologo mi sono posto alcune domande inutili...Chi non deve far sapere? Perché proprio al contadino? Non essendo questione di rima (natura prevalente in molti proverbi) considerando che avviene fra “sapere” e “pere”, perché citare proprio una classe sociale così umile?!
Ammetto che non ho dovuto cercare molto. E’ bastata una googlata un po’ più elaborata per avere una risposta più che convincente. Ho trovato infatti un documento redatto dalla prof.ssa Emanuela Delle Grottaglie (sociologa dell’Università del Salento e studiosa del rapporto fra Cibo e Cultura) tratto da un saggio del prof. Massimo Montanari (docente di Storia medievale presso l’Università di Bologna e studioso di Storia dell’alimentazione).
La tesi che perseguono Montanari e di conseguenza Delle Grottaglie è che questo proverbio ha forti origini sociologicamente rilevanti, radicate nel conflitto sociale e nella succubanza in cui soggiacciono le classi dominate, quali quelle povere.
Nonostante sia ben descritto nel saggio (verrà riportato il link usufruibile fra le fonti), il processo esplicativo è riassumibile in poche parole.
Innanzitutto va scomposto il binomio formaggio e pere. Entrambi sono cibi appartenenti in origine agli strati umili della popolazione, elementi referenti infatti alla Natura (il latte e il frutto). Va ben sottolineato, però, che lungo il corso del Medioevo, il formaggio “vede messa in discussione la sua identità di cibo umile ed è ritenuto degno di accedere alla mensa signorile” (Montanari, 2008, p.29). Diventa, soprattutto un elemento perno delle diete delle comunità monastiche, collettività assolutamente non povere ma disciplinate a privarsi di alcune pratiche, fra cui il consumo di carne.
Quindi siamo in una situazione di un alimento buono a disposizione di qualunque ceto sociale. Il problema è che, soprattutto fra i ceti alti (nonché nella società dei consumi di massa odierna) qualsiasi cosa per essere considerata di “buona qualità” non dipende dal gusto percepito, ma dal gusto trasmesso da un’istituzione culturale che lo qualifica come buono [vedi anche La Distinzione, Critica sociale del Gusto, Pierre Bourdie, 2001]. “Allora non sarà più vero che “è buono ciò che piace”, ma che “piace (ovvero bisogna farsi piacere) ciò che è buono”, ciò che convenzionalmente è giudicato tale dalla cerchia degli intenditori” (Delle Grottaglie, 2009, p.95). Qui sta la radice del proverbio: al contadino (strato sociale umile) – non far sapere (non far conoscere, non trasmettergli) – quanto è buono (considerato così da qualcuno che lo ha giudicato ufficialmente) il formaggio con le pere (binomio da lui assolutamente accessibile, ma non automaticamente deducibile in quanto facente parte a due categorie di cibo differenti, quali il salato e la frutta). La parola chiave non sono “il cacio e le pere” ma “sapere”. Se il contadino ne viene a conoscenza, non sarà più un’esclusiva di alcuni (i dominanti); quindi avverrà un’emancipazione sociale delle classi più umili deteriorando il controllo sociale della classe dominante sui dominati, fatto sul possesso dei mezzi, delle possibilità e quindi anche della conoscenza. Conoscendo si accresce la possibilità di fuoriuscire dalla propria classe – il fatto che poi tutto si riconduca ad una scala mobile che scende è un’altra storia –e quindi minare alla superiorità dei ceti nobili sui sudditi. Fondamentalmente il proverbio se avesse trattato il miele & formaggio o carote & vista avrebbe avuto lo stesso risultato. Come ho detto...è questione di rima.

Salutandibus
Lorenzo Querci

Bibliografia
DELLE GROTTAGLIE E. (2009), recensione del testo in Amaltea Anno IV.
MONTANARI M. (2008), Il formaggio con le pere. La storia di un proverbio, Editori Laterza, Bari

sabato 19 febbraio 2011

L’Apostrofo che divide e discrimina


Questa mattina, o meglio...stanotte in preda ad un raptus febbricitante...mi sono messo a ragionare sulle insolite faccende di scarso interesse pubblico e di enorme interesse privato, ovvero totalmente prive di interesse.
Si parla tanto della discriminazione della donna, della sua dignità e quant’altro...ma ci vogliamo rendere conto che il dominio maschile è purtroppo insito nella stessa forma grafica della lingua italiana o no?
Perché i vocaboli di “genere” maschile si possono permettere di essere generici e quelli dell’altro sesso devono sottostare all’Apostrofo? Ad esempio, “Confessioni di un italiano” sarebbe diventato “Confessioni di un’italiana” se Nievo fosse stato donna...Formalmente le due espressioni presentano lo stessa costruzione e quasi la stessa pronuncia...ma se non metti l’apostrofo a fianco di “italiana” produci un errore ortografico abissale...allora diciamolo...l’Apostrofo diventa il velo musulmano! Si presenta come il simbolo della distinzione prodotto da linguisti indubbiamente Uomini secoli addietro. Il problema non è fonetico; lo sarebbe se la parola che seguisse l’articolo “un” “una” iniziasse con la lettera “a” (dire “una àncora”fa indubbiamente ribrezzo). Secondo un mio modesto ragionamento logico, se il problema è evitare che si dica “una anatra”, “una ancora”, “una amica”...allora ci vorrebbe anche l’apostrofo per “uno ostello”, “uno occhio”, “uno orecchio”...e invece no! Il vocabolo maschile può permettersi il lusso di fare a meno dell’apostrofo, cosicché si stagli nettamente più pulito!
Dunque, se la cultura di un popolo dipende molto dalla lingua, le Donne italiane e i letterati maschi favorevoli alla parità dei sessi dovrebbero iniziare a porsi nella letteratura al pari dell’uomo e quindi iniziando a scrivere “un oca”, “un amica”, “un ala” coscienti di non aver dimenticato niente, perché sostanzialmente vi è ben poco da comunicare. Io vedrò di provarci.

mercoledì 24 novembre 2010

Perché protestare?

Elenco 10 motivi per i quali secondo me oggi un giovane ha il DOVERE di protestare:

1. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché stanco di frequentare una Scuola Pubblica privata di tutto;
2. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché accettare il precariato rende tristi e non risolve i problemi;
3. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché aiuta a mantenere giovani;
4. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché se non lo fa adesso poi potrebbe essere troppo tardi;
5. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare per ricordare alla vegliarda classe politica che i giovani CI SONO;
6. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché alla fin fine passeggiare e cantare a squarciagola è bello;
7. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché stanco di guardare sempre e solo Rai3;
8. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare almeno per la voglia di aggiornare lo stato di Facebook;
9. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché un essere umano ama se stesso almeno quanto ama le sue idee;
10. un giovane oggi ha il DOVERE di protestare perché se non si alza la mano quando si è giovani si perde l'occasione di diventare adulti!

Grazie
Lorenzo Querci

lunedì 30 agosto 2010

Una città forzatamente tranquilla.

Cari amici, colleghi, conoscenti pistoiesi o meno,
il 12 agosto l'amata giunta comunale pistoiese ha varato un'ordinanza locale dal sapore fascista. Sono stato diretto e non ho perso tempo ad esprimere la mia opinione. Un'istituzione pubblica che utilizza le forze dell'ordine delle quali è sovrana per attuare un coprifuoco che induca il cittadino ad avere paura di essere tassato con multe salate per me è un provvedimento fascista.
Era da luglio che non uscivo a Pistoia in seconda serata e dunque non ero a conoscenza delle nuove brillanti disposizioni. Non ci ho messo molto ad apprenderle. Vedere gli stanchi dipendenti della taverna Gargantuà contare affannosamente ii minuti rimasti prima delle 2 di notte non sapendo se sarebbero riusciti a pulire a dovere il locale, ad impilare adeguatamente le sedie all'esterno mi ha dato fastidio...ma ancor più afflitto è stato il mio stato d'animo nel momento che ho visto la Polizia Municipale che con fare servile si è appostata davanti al locale pronta ad esercitare man forte con chi purtroppo ha le mani legate. Forze dell'ordine al servizio dei cittadini?! Come accade spesso, forze dell'ordine al servizio di alcuni cittadini. Infatti quest'ordinanza è stata una risposta servile del Comune alla protesta dei residenti del centro cittadino. Ho sempre pensato che abitare in centro volesse significare vivere la vitalità che una cittadina limitata con Pistoia può offrirti. Forse sono fuori strada, ma ciò di cui son certo è che il Comune di Pistoia ha varato questo provvedimento fascista per poter rispondere ad un'esigenza di "coesione sociale". Mi domando e dico...si crea coesione sociale creando scontento nella fascia d'età giovanile?

Essendomi svegliato perplesso questa mattina ho deciso di darmi il buongiorno passando in rassegna cotale provvedimento. Ci sono dei punti, che come tutte le leggi fasciste, lasciano allibiti e successivamente fanno venir voglia di fiele. Per quanto vi inviti caldamente a darvi una lettura (http://www.comune.pistoia.it/cgi-bin/primo_piano/pagina.cgi?id=145) vi espongo gli aspetti che ho ritenuto più salienti e dunque risibili:
1. si è registrata - dai rapporti della Polizia Municipale, dai contenuti delle segnalazioni, esposti e denuncie , dei cittadini residenti nella zona indicata in oggetto - una progressiva criticità nel rispetto delle comuni regole di vita civile, tale da minare la coesione sociale tra residenti, esercenti e popolazione utente
[a causa di]
una crescita significativa della capacità di attrazione del centro cittadino ed in particolare del "Comparto Sala"; - numerosi residenti in tale ambito lamentano difficoltà nel conservare condizioni accettabili di vivibilità in ragione di un eccessivo protrarsi nell'arco della notte delle attività, a dispetto dei controlli e delle sanzioni inflitte; della ripetuta proposizione presso gli esercizi di somministrazione di spettacoli e di forme di intrattenimento con musica anche ad alto volume; del permanere nell'area di avventori che, avendo spesso fatto abuso di alcool, perdono ogni inibizione, dando luogo a schiamazzi nonché a comportamenti gravemente antigienici;
[dunque]
la questione rischia di compromettere la sicurezza urbana [diventerà il Bronx]

Ma qual'è l'obiettivo di quest'ordinanza?
2. il fine da realizzare consiste anche nel perseguire un più adeguato equilibrio tra la vitalità del centro cittadino e la contestuale residenza, attraverso il rispetto delle ordinarie regole di civiltà;
3. la situazione che genera l'esigenza di un provvedimento ordinatorio in materia di sicurezza urbana è data dal realizzarsi in orario notturno di una sommatoria tra la notevole quantità di presenze per lo più giovanili, il frequente abuso di sostanze alcoliche, la tendenza a degenerare in condotte poco rispettose del diritto al riposo di residenti e delle comuni regole di civiltà, con pericolose potenziali implicazioni per l'ordine pubblico visto anche il possibile innesco di situazioni violente, nel confronto dialettico che si può generare tra avventori e residenti;
[il Far West]

Ogni Ordinanza naturalmente ORDINA:
a. è vietato gettare o abbandonare carte, bottiglie, lattine, mozziconi di sigaretta o altri rifiuti, fuori dagli appositi contenitori;
b. è vietato allestire bivacchi o giacigli sulla pubblica via
[Quindi se vi comprate una pizza a taglio o un panino state attenti a che il suolo sul quale state pasteggiando non sia pubblico altrimenti ci potrebbero essere ripercussioni amministrative]

Naturalmente non mancano le disposizioni per gli esercizi commerciali:
In attesa di verificare - anche in base all'efficacia del presente provvedimento - se si renda necessario attivare una restrizione mirata delle fasce orarie di attività degli esercizi di somministrazione di alimenti e di bevande,
[vogliamo il Proibizionismo! Vogliamo il Proibizionismo! Pena la catapulta]

Avete chiesto il coprifuoco? e noi ve lo diamo:
alle ore 02.00 del mattino oltre alla cessazione della somministrazione di alimenti e bevande, autonomamente assoggettata, in caso di violazione alle sanzioni di legge , dovrà essere tassativamente cessata:
1. ogni operazione di smontaggio e impilaggio arredi;
2. ogni operazione di pulizia sia delle aree interne ai locali che delle pertinenze esterne;
3. ogni movimentazione di cose o attività collaterali, connesse o dipendenti dalla necessità di interrompere le attività nei limiti dell'orario di esercizio.
Sebbene sia possibile, contestualmente alle operazioni di cui al capo precedente, continuare la somministrazione fino alle ore 02.00, le attività ivi considerate devono essere iniziate alle ore 01.30, con espressa avvertenza che sarà considerata violazione della presente ordinanza il trattenimento degli esercenti, preposti, collaboratori, avventori ed amici, per qualsiasi causa all'interno dell'esercizio o nelle sue pertinenze, oltre le ore 02.00 del mattino.
[il fatto che i bar e ristoranti stiano a conteggiare l'incasso fino a tarda notte non è contemplato dai nostri signori, come nemmeno considerare il locale "chiuso al pubblico" come un potenziale spazio da utilizzare per fini assembleali, sempre nel rispetto della quiete]

Cito il picco delle mie risate adesso.
all'interno del punto "Prime misure di contenimento degli effetti dell'eccesso di somministrazione delle bevande alcoliche" vi è questa perla:
curare che gli avventori ed i clienti che siano presso il locale o le sue pertinenze o che stiano per lasciare tali spazi, non versino in condizione di evidente ubriachezza.

Se questo non è fascismo...allora che cos'è?!

Allibito
Lorenzo Querci

venerdì 16 ottobre 2009

Ma come siamo abituati male?!


Immaginate di essere Geppo, un contadino vissuto nella sua piccola comunità chiesa e circolo ARCI al quale un giorno incombe la voglia di allontanarsi dal paesello e farsi un giorno di turismo nella città di Firenze.
Di prima mattina prende la macchina potente intenzionato a percorrere per la prima volta la famosa autostrada; si immette nell'A11 senza stupirsi eccessivamente dell'obbligo del pedaggio; passato Prato Ovest si imbatte in un cartello elettronico su cui scritto “RALLENTAMENTI PRATO EST-FIRENZE PERETOLA”. Da buon ignorante pensa 'Vorrà dire che andrò più piano. Tanto sono in vacanza'. Prima, seconda, prima, seconda, prima, prima... 10 km di alti e bassi... Logica soddisfatti o rimborsati? No! Il pedaggio si paga...e via 1,60 €.
Geppo si stupisce, ma va avanti.
Arriva a Firenze e ha un lampo di genio: 'Non ci provo nemmeno ad entrare in centro con la macchina...la parcheggio in periferia e prendo l'autobus!'.
Vede uno spazio delimitato da strisce colorate ed accosta... Soddisfatto e ben speranzoso esce e nel mentre che indossa il soprabito un vigile gli viene incontro. L'ufficiale si avvicina alla macchina, gli guarda il cruscotto dal parabrezza e con voce inquisitoria gli chiede “Senta un po', dove l'ha il permesso per residenti?!” ,
“IKké?” gli domanda Geppo,
“Il permesso per parcheggiare in questo parcheggio. Un lo vede che è delimitato da strisce bianche”,
“ un ce l'ho. Ikké devo fa'? Un lo sapeo miha che un si potea parcheggiare 'ua”.
“Allora guardi, la metta da quell'altro lato. Lì dove ci sono le strisce blu e paghi il parchimetro alla macchinetta. Ma alla svelta sennò le faccio la contravvenzione!”.
Geppo dispiaciuto ma consenziente si appresta a parcheggiare dove ordinato riflettendo su quanto siano severi i vigili a Firenze. 'Eppure ho sempre pensato che fossero un po' scemi. Hai un figliolo scemo...fallo vigile si dice'ha...vigile una sega...qui gli scemi siam noi a farci comandà. Fammi andare a parcheggiare, và...che son in vacanza”.
Geppo inizia a scrutare il parchimetro e legge: 1€ la prima ora, 1,50€ dalla seconda ora e inizia a contare “Allora, è mezzogiorno...fino all'una sono un euro, fino alle due sono 2 euri e 50, fino alle 3 son quattr'euri, ma bada se mi tocca fa la matematiha per paga il parcheggio...le cinque son 5 e 50...dio bono 'uanto hosta...le sei son 7 euri, le 8 son 8 e 50! Ma un ce l'ho mia tutti 'sti spiccioli... Mi tocca andarli a cambiare. E in do vò? Veloce, tra l'altro, che quell'altro mi guarda”. Guardandosi intorno vede un giornalaio e a passo svelto si approssima a cambiare i soldi. “Torno subito, eh!!! Vado a cambià i soldi...” sbraita al vigile, occupato nel frattempo a scrivere un fior fiore di verbale ad un'altra macchina parcheggiata.
'E ora? Un n'ho mai comprato un giornale in vita mia...l'ho sempre letto a i barre. Letto, quasi...sfogliato, ecco!', “La gazzetta dello sport perfavore” porgendo all'edicolante una banconota da 20 euro.
“Mi dà gli spiccioli per cortesia che c'ho da pagare il parcheggio”. L'edicolante lo guarda un po' storto ma pazientemente gli fornisce una manciata di monete di piccolo e medio taglio e una banconota da dieci euro.
E così il parcheggio fu.
L'autobus, dove comprare il biglietto?
“Senta scusi, agente...dove lo hompro il biglietto dell'autobusse?” Il vigile alza un dito ed indica il giornalaio.
'Bada che figura di merda...' pensò...
“Un biglietto dell'autobus, perfavore” disse avanzando timidamente una banconota da dieci euro...
“1 euro e 20!”
“ Non ho spiccioli mi dispiace”
“ma se le ho fatto il resto prima!!” obietta il giornalaio,
“Sì, ma c'ho pagato il parcheggio!” e così dicendo l'edicolante ancora più infastidito gli fornisce il biglietto.
“Senta, sa mica quale autobus devo prendere per andare a Piazzale Michelangelo?”
“Ma per chi mi ha preso per un controllore?”
E così Geppo si ammutolì andandosene con la coda fra le gambe.
Un'ora e venti di percorso in piedi! 35 minuti sulla linea 57, 15 minuti per aspettare la coincidenza e 30 minuti di linea 13. Geppo, ovviamente, non sapendo dove stesse andando stava in piedi, al centro dell'automezzo, aspettando che Elvira, una signora 70enne, lo informasse dove scendere.
“C'ha ancora 2 fermate, ma vedesse che bello da lassù!!”
“ Speriamo, signora” gli ripeteva sovente.
Scende la signora e si scambia con un uomo che indossa una giacca blu, una cartellina e una borsa a tracolla. “Biglietto, prego” sente dire Geppo. Preso da uno scatto di ansia si agita rufolandosi in tasca ed estrae il biglietto assicurandosi repentinamente che fosse vidimato.
All'arrivo dell'ufficiale lo consegna fieramente. “Guardi, signore, che questo biglietto è scaduto” osserva il controllore.
“Come scaduto?!!! L'ho comprato stamattina! L'edicolante!!!! Quel figlio di troia...”,
“No guardi, non ha capito. E' scaduto perché è passata più di un'ora da quando l'ha vidimato. Sono biglietti da 60 minuti a corsa, questi”.
Geppo, impallidito, supplicando clemenza si appella al fatto che sarebbe sceso alla prossima fermata.
“Va bene, chiudiamo un occhio. Ma si ricordi la prossima volta di comprarne due, ok?”,
“ Ne timbro dieci, uno per fermata!” ironizza Geppo con gaudio.
'Che bello il piazzale!!' pensa Geppo ammirando il panorama a ridosso del muretto di pietra e cemento. Sono quasi le una e mezza del pomeriggio, tira un filo di vento fresco autunnale affiancato da un soffice sole rigenerante. Geppo da buon contadino, tira fuori il suo panino con la mortadella portatosi da casa, ma lascia la bottiglietta d'acqua nello zaino. 'Eh no! - pensa – Qui ci vuole un bel birrino'. Si guarda intorno e scorge uno spartano chioschetto adibito a punto di ristoro, sebbene sprovvisto di posti a sedere e tavolini.
“Una Peroni perpiacere”,
“3 euro e 50” risponde il negoziante.
'Orco giuda!', pensa Geppo, ma nel mentre il barista ha già stappato la birra e servita sul bancone...a Geppo non resta che pagare.
Finito il panino, Geppo, inizia a girare per bancarelle e tovaglie, ovvero siti di vendita ambulante messa in mostra su un lenzuolo per terra. Gira che ti rigira viene colpito da una borsa marcata, apparentemente, Louis Vitton distribuita da un cittadino senegalese, tale Omar. 'Sai che regalo sarebbe per la mia Gabriellina!' Pensa entusiasmato.
“Scusa, capo, quanto vuoi per quella?”domandò; il venditore non perse tempo, la raccoglie, la porge a Geppo per mostrargliela e con fare disinvolto dice: “facciamo 60 vai...”.
“No, no troppo. Non ti do più di 20” replica risoluto,
“quaranta dai!” risponde il vucumprà. Geppo non essendo abituato a negoziare, gira i tacchi e se ne va. Dopo due passi sente una voce proprio alle sue spalle,
“Amico, dove vai? Amico?!!”
Si impaurisce. Il senegalese ha raccolto i suoi beni facendo celermente un fagotto con il lenzuolo e gli è prossimo.
“Va bene, va bene 20, dai”dice il venditore mostrando rassegnazione. Geppo si ritrova in mano la borsa, è senza parole, ma ormai l'affare è stato concluso. Non gli resta che pagare...
La banconota azzurra è sparita dal suo portafoglio, ma ha la borsa desiderata. Tenta di aprirla facendo scorrere la cerniera, ma...si inceppa in una cucitura scadente che si impiglia fra le maglie. Geppo pensa: 'Ma che vuoi che sia?! È solo una cerniera'. Riponendola nello zaino, se ne va soddisfatto...ma la borsa è rimasta chiusa.
Gira, gira, gira...i lungarni, il mercato di San Lorenzo, piazza Santa Croce, il Duomo...e chi più ne ha più ne metta... Geppo si illude di aver imparato la meccanica del turista: camminare tanto e sedersi poco.
Sono quasi le 21 e 30 ed il nostro balzoso contadino inizia ad essere affamato e nei dintorni di piazza San Lorenzo vede una trattoria all'apparenza spartana e decide di fermarsi a cenare, pensando: 'Non può esser cara, serve a tavola una sola forchetta'.
“Buona sera signore. Dica pure?”,
“Allora, senta, io il menù non l'ho visto ma ho visto fhori la cosa...là la lavagna”,
“Sì signore sono i piatti del giorno” replica il cameriere.
“Ecco, appunto. Allora di primo, spaghetti alla harbonara; secondo rosbiffe con patate arrosto e per i' dolce...”,
“Vediamo dopo?” suggerisce il cameriere. Geppo annuì.
“Da bere?”,
“Mah...del vino...”,
“Le porto una bottiglia di rosso che sta bene con la carne...”,
“Sì ecco veda lei, magari delle nostre parti, ecco, perché il vino del sud è troppo forte e quello del nord è troppo caro...Sa barolo, barbera...troppi soldi, va bene?”,
“Benissimo signore”.
Geppo si era fatto un'idea di quanto avrebbe speso. Aveva visto sulla lavagna che gli spaghetti sarebbero costati 10 euro a porzione e la carne con contorno 15. 'Il vino quanto mai potrà costare?!! - si era detto – Gliel'ho detto che non voglio spende' troppo'.
Geppo è eccitatissimo dall'idea di quella cena, anche perché quel ristorante è pure dotato di televisione su cui viene trasmessa la partita di Champions League e di un'ottima schiacciatina che imbandisce la tavola. 'Bona! Schricchiolente come piace a me. Peccato sia finita. Ma un ne richiedo dell'altra sennò finisce che mi prendono per ingordo e fò brutta figura'.
Arriva il primo, arriva il roastbeef e tutto accompagnato da un ottimo vino. Morellino di Scansano annata 2006. Geppo, al terzo bicchiere non si pone più il problema di far bella figura e indossa il tovagliolo a mo di bavaglio inneggiando alla squadra di calcio vincente.
Sazio della cena non ordina il dolce ma si fa direttamente portare il caffè e chiede il conto. Si meraviglia del fatto che il conto venga portato in una cartellina chiusa, ma non perde tempo a vedere quanto gli è venuta a costare quella cena... “44 euro!! - esclama a gran voce – non è possibile! Si saranno sbagliati”. Meravigliato si accinge a leggere sottovoce: “diec'euro la harbonara, uindic'euro la harne, 1 euro il caffè, SEDICI EURO IL VINO e... DUE EURO DI COPERTO?! O icché i l'è il coperto?” Un po' alterato fa un gesto di richiamo al cameriere che timidamente si avvicina.
“Senta un po', lei, mi spiega cos'è sto 'coperto' che vedo scritto 'ua? Perché io posso capire che tu mi faccia spendere sedic'euro di vino ma a caso i soldi non li do...”,
“Signore il coperto è il servizio” risponde il cameriere in maniera imbarazzata. Continua: “Lei quando si siede paga il posto a sedere, il pane, il lavaggio della lavanderia, delle stoviglie nonché il servizio”. Geppo non capisce.
“Senta, cameriere, mi vuoi dire che in quei diec'euro di spaghetti non è compreso il lavaggio di codesto grembiule?!!!” ,
“Non so che dirle signore. Le chiamo il principale?”. Geppo negò, lasciò una banconota da 50 euro prendendosi soltanto 5 euro di resto e consegnando la moneta rimanente al cameriere dicendogli... “Bello mio, fuggi da questa manica di ladri. Dammi retta!!”
Sono le 23 e 45, Geppo è stanco, lontano da casa e dalla macchina. Si ricorda la via dove l'aveva parcheggiata, ma è troppo stanco per prendere l'autobus. Vede un taxi parcheggiato e si ripete 'Sono o non sono in vacanza?!!'.
Entrato nel taxi fa giusto in tempo ad annunciare la destinazione e poi crolla in un sonno profondo provocato sia dalla stanchezza che dal vino.
“Signore si svegli!”. È la voce del tassista.
“Ah sì, mi scusi. Quant'è?!”,
“Non si preoccupi, – replica gentilmente – sono 12 euro e 50 centesimi”,
'Cazzo, pensavo meno' riflette fra sé.
Geppo consegna 15 euro rifiutandosi di ricevere il resto, ringrazia e scende dal taxi, che riparte celermente.
La strada è praticamente deserta: nessun uomo che cammina frettolosamente, poche finestre aperte, negozi e bar chiusi, lampioni accesi e soprattutto non ci sono macchine in giro. Nemmeno quella di Geppo! Non si allarma. Sa che ci deve essere perché è ben sicuro di averla chiusa la mattina al suo arrivo. Inizia a girarsi intorno, a camminare disorientato ma si blocca improvvisamente...riconosce in negozio di giornali dove ha comprato la gazzetta, ancora da sfogliare tra l'altro...ma della macchina nessuna traccia. Vede un cartello, però, e con le lacrime agli occhi legge: “In questo punto è avvenuta la rimozione di un'auto. Il proprietario potrà trovarla nel corso di Via Panciatichi”. Geppo inizia a correre verso quella meta. Sapeva dove fosse perché il nome della via gli era rimasto impresso dal viaggio sull'autobus quella mattina.
La macchina stava lì, immobile, parcheggiata quasi sorridente se non fosse che qualcuno aveva applicato uno strano apparecchio ferreo giallo alla ruota anteriore sinistra. Geppo non demorde e pieno di speranza prova a rimuoverlo, ma non ci riesce. Ritenta, invano. Decide di chiedere aiuto. Nonostante la strada fosse deserta un camioncino con delle grosse spazzole roteanti la percorreva sondandola in tutti i suoi tratti come un metal detector e lasciando una scia bagnata. Sulla carrozzeria c'è scritto “Quadrifoglio, Firenze”. Geppo non perse tempo e si rivolse a loro con fare disperato. La macchina non era stata semplicemente spostata, ma rimossa dal carro attrezzi causa pulizia di quel sito stradale iniziata dalla mezzanotte di quella sera stessa. L'attrezzo alla ruota si chiama “ganascia” e ti impedisce di partire e viaggiare; essa può essere rimossa soltanto da chi l'ha applicata, ovvero dalla ditta del carro attrezzi ad un costo salato... ovvero 130 EURO! 90 per la rimozione notturna e 40 per il divieto di sosta.
Nel mentre che l'operatore gli spiegava come fosse andata la faccenda Geppo taceva e piano piano rimaneva allibito. Al concludersi riusce appena a sussurrare un triste ringraziamento e china la testa quando sente il motore del camioncino del lavaggio delle strade ripartire.
Geppo, addolorato tira fuori il portafoglio e conta i risparmi rimasti: 30 euro, non abbastanza. Inizia a camminare...a vagare...avrebbe potuto chiamare a casa per chiedere aiuto ma...troppa vergogna. Aveva detto a sua mamma e alla sua fidanzata che desiderava un giorno di piena libertà, addirittura lasciando il cellulare a casa volontariamente. Per la prima volta nell'arco della giornata sente la solitudine nelle ossa.
Arrivato in una strada più trafficata riesce a convincere un tassista a portarlo alla stazione per soli dieci euro. Geppo vorrebbe schiacciare un pisolino, ma un altro problema l'assale... ha bisogno del bagno. La carbonara ed il roastbeef stanno facendo reazione con il vino rosso ed il caffé provocando lo stomaco infinitamente...
Arrivato alla stazione ferroviaria di Santa Maria Novella si allieta quando intravede il salvifico cartello su cui scritto “Servizi Igienici binario 5”...” 'O icché la devo fare sui binari?!!' pensò. Ovviamente, il cartello indicava che i bagni erano presso il binario indicato, non a ridosso.
Eccoli lì a pochi passi, ma qualcosa ancora lo blocca...una porta scorrevole che si apre e si chiude all'ingresso dei pochi utenti notturni. Avvicinandosi Geppo nota che i signori bisognosi quasi toccano una specie di pulsante a ridosso della porta ed essa si apre automaticamente. Geppo lo tocca stringendo i denti, ma niente... e poi si rende conto di come stava realmente la faccenda: non è un pulsante, ma una fessura; non richiede una chiave...richiede l'inserimento di 1 Euro!!!
Indignato e sconvolto prende una moneta bronzo-argentata e la inserisce, si apre lo sportello e corre in bagno, dopodiché sono intimamente fatti suoi.
Geppo guarda i binari stanco e amareggiato aspettando l'Intercity notturno che lo porti a Prato, dopodiché dovrà immancabilmente chiamare a casa.
Si rivede nella sua giornata e riflette sul fatto che alla fine non ha commesso nessun reato particolare, non ha agito troppo istintivamente né sprovvedutamente. Ha semplicemente dato per scontato che ciò che per lui è semplice - parcheggiare dove c'è posto, bersi una birra in bottiglia su una panchina pubblica, andare in una trattoria e fare un pasto completo - fosse altrettanto semplice anche nelle società complesse, quali quelle di grandi città. In questo preciso istante si rende conto di aver commesso il suo più madornale errore! Non dare per scontato che è semplice vivere senza pretese, perché oggi anche questo costa molto!

Come abbiamo fatto ad abituarci ad una società così?


Lorenzo Querci

giovedì 12 marzo 2009

Forbidden or forgotten?

Ieri veramente per puro caso mi sono imbattuto nella voglia di leggere l'Espresso di Repubblica. Adesso mi domando, essere discretamente informati fa bene?
Forse in teoria, comunque adesso vedo volteggiare i miei zebedei alternando movimenti centrifughi e centripedi [trad. mi girano i cogliones
].

Se avete sempre pensato che i giardini pubblici fossero un luogo di ritrovo, adesso dovete ricredervi perché agli abitanti di Novara non è permesso sedersi in più di due persone su una panchina, pena 500 Euro di multa. Quanto sarà bello poter baciare la morosa prima che rientri in casa, eh? Gli abitanti di Eboli sono tenuti a scendere dall'auto, però, altrimenti altri 500 euro dal finestrino. Vacanze romane? Passeggiare fino a tarda notte mangiandosi un cornetto caldo sui gradini di Piazza di Spagna? Sarebbe piacevole se Alemanno's team non avesse ordinato il coprifuoco dei laboratori artigianali dopo l'una di notte. Cari amici fiorentini, se abitate in centro procuratevi una borsa di Ferragamo per portarci la spesa perché è stato vietato di circolare per il centro storico con sacchetti di plastica...lede al decoro.
Ricordo che in Arizona una stupida legge vietava alle persone con più di tre denti mancanti di sorridere; in un altro State centrale era forbidden indossare la minigonna e le scarpe argentate, perché vi era il rischio che la luce facesse rifletterci sopra le parti intime rispecchiate. Vogliamo ridurci così?
Parola d'ordine SICUREZZA; domanda per chi ha dimenticato la password: credi che divertirsi senza ledere alla libertà di alcuno sia una pratica decorosa? La risposta logica sarebbe INDUBBIAMENTE, ma chi amministra non la pensa così...
Non smetterò mai di reputare falsi miti politici queste continue ricadute sull'emergenza sicurezza, atti al facile ottenimento di voti oscurando temi che avrebbero maggiormente bisogno di essere considerati.
Sta emergendo la paura che vi sia il rischio che forse esista la potenziale
probabilità che dando il permesso di istituire negozi etnici nel centro storico (Lucca, "guerra del kebab") si creino delle cellule di Al Qaeda, oppure concedendo la facoltà di reclamare il diritto alla residenza a chi è povero (soglia di povertà definita sotto i 5000 € all'anno) si gettano le fondamenta per l'edificazione di un suburb all'insegna del degrado sociale e della delinquenza, come è stato legiferato a Cittadella (Padova). Forse mi sbaglio, ma la Nostra Costituzione Italiana non cita il diritto alla casa? e il diritto alla salute? Come è possibile che un cittadino immigrato ritenuto clandestino o piombato nella clandestinità per cause traverse, debba dover scegliere tra FARSI CURARE e correre il RISCHIO che un medico bigotto gli PRIVI LA LIBERTA'?
Le leggi ed i divieti ci devono essere, non lo nego, ma la legalità non può e non deve assolutamente essere scissa dal sentimento di reciprocità che lega una collettività al suo interno e che di conseguenza deve essere alla base della ratio guida della legge o del regolamento.
Citando Umberto Galimberti: "Limitare le libertà negli spazi aperti significa limitare gli spazi di fiducia reciproca. Ciascuno diventa diffidente dell'altro".
Forse la televisione, il computer sta facendo dimenticare il piacere di stare assieme, di divertirsi in gruppo senza ledere alle libertà personali di nessuno, mangiandosi un cornetto o chiaccherando seduti in 14 su una panchina, ebbene sì, anche con i piedi dove vi si siede (cari viareggini, dimenticatevelo) e - voglio esser franco - di bermi 2 bicchieri di vino senza aver da pensare a quale bicicletta scegliermi dopo che mi è stata tagliata la patente sotto il mio sguardo pietoso, in cerca di misericordia.

Concludo invitandovi a visitare il sito dell'Espresso di Repubblica dove in corrispondenza del link sottocitato troverete una mappa del Belpaese con i corrispondenti divieti di indecenza o possibile criminalità.
[ http://speciali.espresso.repubblica.it/mappe/mappa%20divieti/frameset.html ]

A presto cari...Ci rivedremo in gattabuia, tanto di questo passo edificheranno complessi carcerari per chi fondamentalmente non ha fatto niente di male...

Lore


martedì 3 febbraio 2009

Naturale intercultura.


Premessa. Questo post è frutto dello spirito critico sviluppato dopo l'esame di antropologia culturale, quindi vi ho riversato molto poco della mia emotività. Buon per voi.
Un libro del programma d'esame è stato un saggio di Marco Aime (antropologo culturale, nonché docente dell'Università di Genova) intitolato "Eccessi di culture". Questo saggio, come si intuisce dal titolo, pone in discussione la politica del multiculturalismo e la manipolazione fatta dalla politica sui risvegli etnici e sull'odio
razziale. Aime non difende il multiculturalismo ritenendolo un modo per aumentare le barriere: riprendendo la filosofia statunitense dell'affermative action, ovvero del riconoscimento di alcuni diritti culturali per alcune minoranze etniche, si mette il dito nella piaga invece che sanare la ferita, ovvero si continua a rinvagare l'importanza della diversità culturale, la necessarietà di una sua distanza dalla cultura della maggioranza. Così facendo, si accentuano le diversità, ma questo può portare alle integrazione delle minoranze?
A proposito dell'integrazione culturale, voglio citarvi un passo del libro, che a sua volta riprende un aneddoto simpatico di un antropologo, Ralph Linton. Buona lettura.


Il cittadino americano medio si sveglia in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Egli scosta le lenzuola e le coperte che possono essere di cotone, pianta originaria dell'India; o di lino, pianta originario del vicino Oriente; o di lana di pecora, animale originariamente addomesticato nel vicino Oriente; o di seta, il cui uso fu scoperto in Cina. Tutti questi materiali sono stati filati e tessuti secondo procedimenti inventati nel vicino Oriente. Si infila i mocassini inventate dagli indiani delle contrade boscose dell'Est, e va nel bagno, i cui accessori sono un misto di invenzioni europee e americane, entrambe in data recente. Si leva il pigiama, indumento inventato in India, e si lava con il sapone, inventato dalle antiche popolazioni galliche. Poi si fa la barba, rito masochistico che sembra sia derivato dai sumeri o dagli antichi egiziani.
Tornato in camera da letto, prende i suoi vestiti da una sedia il cui modello è stato elaborato nell'Europa meridionale e si veste. Indossa indumenti la cui forma derivò in origine dai vestiti di pelle dei nomadi delle steppe dell'Asia, si infila le scarpe fatte di pelle di tinta secondo un procedimento inventato nell'antico Egitto, tagliate secondo un modello derivato dalle civiltà classiche del Mediterraneo; si mette intorno al collo una striscia di colori brillanti che è un vestigio sopravvissuto dagli scialli che tenevano sulle spalle i croati del diciassettesimo secolo.
[...]
Andando a fare colazione, si ferma a comprare un giornale, pagando con delle monete che sono un'antica invenzione della Lidia. Al ristorante viene a contatto con tutta una nuova serie di elementi presi dalle altre culture: il suo piatto è fatto di un tipo di terraglia inventato in Cina; il suo coltello è di acciaio, lega fatta per la prima volta nell'India del Sud, la forchetta ha origini medievali italiane, il cucchiaio è un derivato dall'originale romano. Prende il caffè, pianta abissina, con panna e zucchero. Sia l'idea di allevare le mucche che quella di mungerle ha avuto origine nel vicino Oriente, mentre lo zucchero fu estratto in India per la prima volta. Dopo la frutta e il caffè, mangerà le cialde, dolci fatti, secondo una tecnica scandinava, con il frumento, originario dell'Asia minore. [...]
Quando il nostro amico ha finito di mangiare, si appoggia alla sedia della spalliera e fuma, secondo un'abitudine degli Indiani d'America, consumando la pianta addomesticata in Brasile o fumando la pipa, derivata dagli Indiani della Virginia o la sigaretta, derivata dal Messico. Può anche fumare un sigaro, trasmessoci dalle Antille, attraverso la Spagna. Mentre fuma legge le notizie del giorno, stampate in carattere inventato dagli antichi semiti, su di un materiale inventato in Cina e secondo un procedimento inventato in Germania. Mentre legge i resoconti dei problemi che si agitano all'estero, se è buon cittadino conservatore, con un linguaggio indo-europeo, ringrazierà una divinità ebraica di averlo fatto al cento per cento americano.

(Ralph Linton, Lo studio dell'uomo, Il Mulino, Bologna 1973, pp. 359-60, citato da Marco Aime in Eccessi di culture)


Soprattutto oggi che la cultura sta perdendo la sua accezione strettamente territoriale grazie agli influssi transnazionali, riflettiamo su quanto sia un continuo riflusso di altre culture, ossia su quanto essa stessa sia una vera e propria intercultura.

A presto
Lorenzo