martedì 3 febbraio 2009

Naturale intercultura.


Premessa. Questo post è frutto dello spirito critico sviluppato dopo l'esame di antropologia culturale, quindi vi ho riversato molto poco della mia emotività. Buon per voi.
Un libro del programma d'esame è stato un saggio di Marco Aime (antropologo culturale, nonché docente dell'Università di Genova) intitolato "Eccessi di culture". Questo saggio, come si intuisce dal titolo, pone in discussione la politica del multiculturalismo e la manipolazione fatta dalla politica sui risvegli etnici e sull'odio
razziale. Aime non difende il multiculturalismo ritenendolo un modo per aumentare le barriere: riprendendo la filosofia statunitense dell'affermative action, ovvero del riconoscimento di alcuni diritti culturali per alcune minoranze etniche, si mette il dito nella piaga invece che sanare la ferita, ovvero si continua a rinvagare l'importanza della diversità culturale, la necessarietà di una sua distanza dalla cultura della maggioranza. Così facendo, si accentuano le diversità, ma questo può portare alle integrazione delle minoranze?
A proposito dell'integrazione culturale, voglio citarvi un passo del libro, che a sua volta riprende un aneddoto simpatico di un antropologo, Ralph Linton. Buona lettura.


Il cittadino americano medio si sveglia in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Egli scosta le lenzuola e le coperte che possono essere di cotone, pianta originaria dell'India; o di lino, pianta originario del vicino Oriente; o di lana di pecora, animale originariamente addomesticato nel vicino Oriente; o di seta, il cui uso fu scoperto in Cina. Tutti questi materiali sono stati filati e tessuti secondo procedimenti inventati nel vicino Oriente. Si infila i mocassini inventate dagli indiani delle contrade boscose dell'Est, e va nel bagno, i cui accessori sono un misto di invenzioni europee e americane, entrambe in data recente. Si leva il pigiama, indumento inventato in India, e si lava con il sapone, inventato dalle antiche popolazioni galliche. Poi si fa la barba, rito masochistico che sembra sia derivato dai sumeri o dagli antichi egiziani.
Tornato in camera da letto, prende i suoi vestiti da una sedia il cui modello è stato elaborato nell'Europa meridionale e si veste. Indossa indumenti la cui forma derivò in origine dai vestiti di pelle dei nomadi delle steppe dell'Asia, si infila le scarpe fatte di pelle di tinta secondo un procedimento inventato nell'antico Egitto, tagliate secondo un modello derivato dalle civiltà classiche del Mediterraneo; si mette intorno al collo una striscia di colori brillanti che è un vestigio sopravvissuto dagli scialli che tenevano sulle spalle i croati del diciassettesimo secolo.
[...]
Andando a fare colazione, si ferma a comprare un giornale, pagando con delle monete che sono un'antica invenzione della Lidia. Al ristorante viene a contatto con tutta una nuova serie di elementi presi dalle altre culture: il suo piatto è fatto di un tipo di terraglia inventato in Cina; il suo coltello è di acciaio, lega fatta per la prima volta nell'India del Sud, la forchetta ha origini medievali italiane, il cucchiaio è un derivato dall'originale romano. Prende il caffè, pianta abissina, con panna e zucchero. Sia l'idea di allevare le mucche che quella di mungerle ha avuto origine nel vicino Oriente, mentre lo zucchero fu estratto in India per la prima volta. Dopo la frutta e il caffè, mangerà le cialde, dolci fatti, secondo una tecnica scandinava, con il frumento, originario dell'Asia minore. [...]
Quando il nostro amico ha finito di mangiare, si appoggia alla sedia della spalliera e fuma, secondo un'abitudine degli Indiani d'America, consumando la pianta addomesticata in Brasile o fumando la pipa, derivata dagli Indiani della Virginia o la sigaretta, derivata dal Messico. Può anche fumare un sigaro, trasmessoci dalle Antille, attraverso la Spagna. Mentre fuma legge le notizie del giorno, stampate in carattere inventato dagli antichi semiti, su di un materiale inventato in Cina e secondo un procedimento inventato in Germania. Mentre legge i resoconti dei problemi che si agitano all'estero, se è buon cittadino conservatore, con un linguaggio indo-europeo, ringrazierà una divinità ebraica di averlo fatto al cento per cento americano.

(Ralph Linton, Lo studio dell'uomo, Il Mulino, Bologna 1973, pp. 359-60, citato da Marco Aime in Eccessi di culture)


Soprattutto oggi che la cultura sta perdendo la sua accezione strettamente territoriale grazie agli influssi transnazionali, riflettiamo su quanto sia un continuo riflusso di altre culture, ossia su quanto essa stessa sia una vera e propria intercultura.

A presto
Lorenzo