mercoledì 14 novembre 2007

Violenza inutile o gratuita?

Generalmente non tratto sul mio blog di fatti di cronaca, ma il bombardamento (l'agenda setting come preferiscono chiamarla i politologi), dei Media ha influenzato anche me. Voglio infatti riflettere su un fatto recente di cronaca: l'omicidio o l'incidente Sandri. Per quanto sia grave l'accaduto di per sè essendo morto un giovane ventottenne, voglio sottolineare l'opacità dei Media e dei politici, di riflesso, che sembrano incentrare la discussione su come limitare la violenza negli stadi, proponendo più rigidità delle norme a riguardo, accentuando i controlli, ecc...
Parlo di opacità perchè il fatto scatenante sottolinea una dinamica ben precisa: l'omicidio è avvenuto sul piazzale di un autogrill, non all'interno di una struttura sportiva, quindi probabilmente sarebbe più utile come premessa chiedersi quali sono le ragioni che spingono le varie tifoserie a malmenarsi anche in campi neutri. Negli stadi possono agire ragioni facilmente astraibili, come il contatto diretto con altri tifosi che con tono diffamatorio offendono la squadra perdente o viceversa, discordie passate, atmosfera bellica ed eccitante, comunque tutte variabili che vengono sollevate dal fatto sportivo in corso. Ma nel caso Sandri siamo davanti ad un vera e propria battaglia avvenuta su un campo neutro, generalmente fuori dalle logiche agonistico-sportive. Lo chiedo a voi, perchè sono distante dalle logiche di tifo accanito, esso può generare davvero un simile Odio al punto da riflettersi dove non esiste motivo? Evidentemente sì, quindi per prevenirlo a parer mio sarebbe più utile una ricerca sulle motivazioni che stanno alla base di questo Odio. Che sia il Calcio un fenomeno sociale che intacca i valori dei cittadini italiani ed inglesi non c'è dubbio, ma chiediamoci se questi atti non avvengono anche in altre manifestazioni sportive più oscurate, meno pubblicizzate dai Media. Qual'è l'obiettivo del tifoso? Sfogarsi? Rendere l'avversario in condizione di "vinto"? Tenere in alto il nome della squadra o della tifoseria che rappresenta seguendo leggi informali scritturate dalla stessa violenza? Quanta influenza hanno i fattori psico-sociali sugli atti di violenza del tifoso? Premettendo che il sentimento di violenza viene sicuramente determinato dal gruppo in cui l'individuo fa parte, egli entra in esso già cosciente di quello che comporta?
Non dico che le leggi più restrittive non siano d'aiuto, cercando di persuadere maggiormente il tifoso a compiere reati, ma non risolvono perchè se non viene estinto il sentimento alla base il tifoso cercherà strategie altrenative per compierli ed inoltre non è che l'Italia sia al primo posto per senso della legalità e rigetto dell'impunità. Quindi il potenziale reo si sentirà comunque legittimato a compiere l'atto violento in nome di qualcosa al di sopra di un'autorità poco autorevole.
Sinceramente non so come affrontare la questione verso tifosi già affiatati e maturi, anagraficamente parlando, ma credo che educando i più piccoli verso una maggiore comprensione dell'altro come se stesso e ad un naturale senso della legalità al di sopra delle imposizioni possa essere di grande aiuto per prevenire invece che curare.

Talvolta gli incidenti non avvengono proprio per caso.
Lorenzo

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao caro, non ho risposte certe da darti (chi le ha tranne il lollo?!?!? ;)) ma posso aggiungere un paio di elementi che favoriranno, spero la discussione:
1. Come sai ho giocato a calcio per piu di dieci anni e posso dire in tutta onestà e sicurezza che il problema parte "veramente" dalle radici, mi spiego: a che conseguenze vuoi che porti il fatto che lo standard medio degli allenatori di piccole squadre dilettantistiche GIOVANILI (dai 10 anni in su) passi ai ragazzi, un tipo di educazione che va sempre verso il "fregare l'avversario e l'arbitro"??? Esempi classici sono per es, a un difensore piccolo di statura che deve marcare un attaccante piu prestante: "...la prima palla che tocca fagli sentire dove è suo, vedi come ci fa insicuro la prossima volta, gli condizioni la partita e fai un figurone!", oppure "...se il tuo avversario ti provoca non reagire a bischero, quando l'arbitro non vede dagli una gomitata o una bella pedata a furbo", ti giuro che questi discorsi non li ha fatti una persona una volta, ma li ho sentiti in continuazione per dieci anni, e questi sono solo due piccoli esempi...Considera che un allenatore si fa chiamare MISTER (il che puo sembrare un fatto da niente ma invece aumenta il fascino intorno alla sua figura per i piu piccoli), aggiungi che è la figura educativa dell'hobby, per un bimbo è un insegnante fuori dall'ambito scolastico, quindi non ha tutti i vincoli di forma che hanno le maestre a scuola...insomma la figura dell'allenatore è importantissima a mio modesto modo di vedere, e sicuramente apporta qualche piccolo mattoncino alla "CULTURA DELLA VIOLENZA" che ha intriso il calcio. (ho giocato anche a basket, ma certi discorsi non li ho mai sentiti fare!!!).
2. Nel periodo in cui mi piaceva andare alle partite del Pistoia Basket, l'unica compagnia che trovai fu quella degli Ultras (di una realtà microscopica come Pt in serie B). Considera Ultras di una squadra di basket che per vari motivi (strutture chiuse, spazi piu piccoli, controlli piu facili) sono estremamente limitati rispetto a quelli del calcio negli atti di violenza. Beh, ti dico solo che in un anno scarso di moderatissima attività, mi ero abituato a figurarmi i tifosi di Montecatini (storica rivalità, cosi la chiamano) come dei mostri assetati di sangue, violentissimi, che meritavano solo di morire (chiedi al Mazzinghi)! Non riesco proprio a immaginarmi a che livelli possano arrivare le rivalità fra tifoserie di squadre in serie A. Se l'effetto gruppo amplifica, noi eravamo in 20 e me li facevano vedere cosi, immaginati quando sono in 10000!!!!
Scusa se mi sono dilungato un po ma la questione mi interessa e ci tenevo a raccontare queste due cose.
Un ciao con tanto amaro in bocca!

Ale